Tutti gli esseri umani cercano la felicità, eppure nulla sembra più difficile, anzi impossibile per gli uomini della felicità. Noi, osserva Freud ne Il disagio della civiltà (1929), siamo minacciati da tre parti: «dal nostro corpo che, destinato a deperire e a disfarsi, non può eludere quei segnali d’allarme che sono il dolore e l’angoscia, dal mondo esterno che contro di noi può infierire con strapotenti forze distruttive, e infine dalle nostre relazioni con altri uomini». 
Tutto l’universo sembra essere contro la felicità dell’uomo. Che fare, allora? Le soluzioni sono diverse. Alcuni si allontanano dagli altri per non esserne feriti. Non diventano felici, ma trovano un po’ di pace. Altri, al contrario, ripongono tutte le proprie speranze di felicità nell’amore, ma ciò li porta a dipendere psicologicamente dalla persona amata ed a soffrire ogni volta che percepiscono di poter perdere il suo amore. Vi sono poi quelli che si danno al vino o alla droga. Essi si stordiscono, ma non sono felici. C’è, ancora, la possibilità di cercare la felicità nell’arte o nel pensiero. Si tratta però di un genere di felicità particolare, di bassa intensità, che non provoca alcun piacere fisico né ci mette al riparo dalla sofferenza fisica, e che inoltre è inaccessibile alla maggior parte delle persone. Infine, c’è la via della religione, ma nemmeno questa per Freud è una via sicura: 
La sua tecnica consiste nello sminuire il valore della vita e nel deformare in maniera delirante l’immagine del mondo reale, cose queste che presuppongono l’avvilimento dell’intelligenza. A questo prezzo, mediante la fissazione violenta a un infantilismo psichico e la partecipazione a un delirio collettivo, la religione riesce a risparmiare a molta gente la nevrosi individuale. Ma niente di più. 
Esistono dunque diverse vie verso la felicità, ma sono tutte ugualmente incerte e rischiose. Qualcuno però potrebbe sostenere che la difficoltà di raggiungere la felicità è una caratteristica della nostra civiltà, e che i primitivi, nella loro vita istintiva e libera, sono felici. La civiltà, nota Freud, richiede in effetti una quantità di sacrifici all’individuo. In primo luogo, ad essere sacrificata è la sessualità, che non può più essere libera, ma viene scrupolosamente regolata, a cominciare dalla proibizione dell’incesto. Così ogni manifestazione sessuale viene repressa nei bambini, viene vietata l’omosessualità e vengono bollati e condannati come perversioni tutti i comportamenti sessuali non finalizzati alla procreazione. In secondo luogo, la civiltà comanda all’uomo di amare il suo prossimo come se stesso. Questo comandamento, che si trova nel Vangelo, è per Freud irrealizzabile, perché noi amiamo normalmente soltanto chi merita il nostro amore, e siamo piuttosto inclini ad aggredire l’altro, a sfruttarlo, a torturarlo, ad ucciderlo. È proprio perché abbiamo in noi questa tendenza aggressiva che ci porterebbe a distruggerci l’un l’altro che la civiltà ci impone di amare il prossimo. Gli uomini primitivi, dunque, erano senz’altro più felici di noi, perché non avevano restrizioni nelle loro pulsioni. Tuttavia essi scontavano la possibilità di essere se stessi con una notevole insicurezza: non esistendo istituzioni civili, nulla li metteva al sicuro dalla violenza e dalla perdita dell’oggetto sessuale. Con la civiltà, l’uomo ha acquisito sicurezza, ma ciò al costo di rinunciare alla propria possibilità di essere felice. La civiltà è opera di Eros, che spinge gli uomini ad unirsi in famiglie, in comunità, in popoli, nel genere umano, vincendo l’aggressività, la pulsione di morte e di distruzione. La vittoria nell’uomo dell’Eros sulla Morte può avvenire solo se l’aggressività, che spontaneamente è rivolta verso l’altro, viene introiettata e diventa aggressività verso se stessi: l’individuo si sente colpevole per le sue stesse pulsioni aggressive. Questo senso di colpa fa tutt’uno con la civiltà, è più grande quanto più vasta è la civiltà, ed è la causa della nostra infelicità. 
La conclusione di Freud è dunque tragica. Nella storia dell’uomo si combatte una lotta tra la Morte e l’Eros. La prima porta alla semplice distruzione reciproca − «gli uomini adesso hanno esteso talmente il proprio potere sulle forze naturali, che giovandosi di esse sarebbe facile sterminarsi a vicenda, fino all’ultimo uomo » −, osserva Freud , mentre la seconda comporta l’infelicità.

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